Per quanto riguarda la digitalizzazione delle scuole “abbiamo ancora una situazione a macchia di leopardo nel Paese” . Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, Stefania Giannini . Per il processo di digitalizzazione nelle scuole “dobbiamo compiere una vera e propria rivoluzione educativa – ha aggiunto il ministro – nel senso che dobbiamo puntare moltissimo sulla formazione permanente degli insegnanti, anche rivisitando il contratto. Se non c’è la possibilità di formare in itinere i futuri insegnanti e chi già lo è, diventerà difficile trasformare la scuola italiana nell’arco dei prossimi 5-6 anni per essere competitiva in Europa”. Finora, secondo dati ricordati di recente, sono stati investiti 93 milioni di euro per le lavagne interattive multimediali, a cui si aggiungono altri spesi dalle Regioni. Inoltre una scuola su 4 ha una connessione wi-fi. “ Dobbiamo lavorare nel cantiere scuole – ha aggiunto Giannini – fare proposte per agire su metodi e contenuti e sul ruolo dei docenti nel processo”. E a riguardo “stiamo elaborando un protocollo”. Intanto un altro anno scolastico è finito e con esso svaniscono anche le speranze di fare lezione con il tablet in classe. Così gli studenti delle 800 nuove Cl@ssi 2.0 portano a casa la delusione di un’occasione persa. La digitalizzazione nelle scuole è terribilmente in ritardo e insegnare a utilizzare al meglio un motore di ricerca sembra ancora un lavoro pionieristico, svolto da pochi avventurosi docenti con mezzi di fortuna. Colpa del sostanziale fallimento del Piano Scuola digitale del ministero dell’Istruzione, che non ha saputo stare al passo coi tempi e, per il momento, ha lasciato gli investimenti solo sulla carta. I piani di azione, previsti dal bando indetto dal Miur per l’anno 2013/2014, prevedevano un impegno cofinanziato con le Regioni, da distribuire su tre obiettivi: Piamo lim, Cl@ssi 2.0 e Scuola 2.0. Di questi solo il primo è stato attivato nei tempo previsti. Il resto delle dotazioni arriverà, anzi, sta arrivando proprio in questi giorni, secondo quanto fanno sapere dal Ministero. Ma intanto l’anno scolastico è finito e i progetti che dovevano partire quest’anno sono tutti da rimandare. “Si tratta di un ritardo dovuto a una normale procedura di revisione dei conti” , si giustifica Maria Letizia Melina, direttore del dipartimento per la Digitalizzazione al Miur. ” La volontà di portare avanti il piano Scuola Digitale c’è – aggiunge – e lo dimostrano i soldi messi in campo finora”. Molti secondo le stime fornite, troppo pochi secondo il report stilato dall’Ocse, nel quale si parla di un investimento di circa lo 0,1 sul totale del budget annuale, e cioè 120 milioni distribuiti dal 2008 al 2011 durante il primo ciclo del Piano. Purtroppo la spending review e i continui cambi al vertice hanno fatto sì che le risorse subissero continui ridimensionamenti e, sopratutto, che venisse a mancare una strategia manageriale coerente sul lungo periodo. I risultati parlano chiaro: le Cl@ssi 2.0 fin qui attivate sono 416 in tutto su 323.605 e 14 le Scuole 2.0 su 22.600 sedi. Molto meglio quando si parla di lim , presenti nelle scuole nel 32,2% dei casi, per un totale di 71.800 lavagne multimediali. Secondo quanto raccontano professori e studenti, la mancata consegna del tablet sembra essere il minore dei mali. A monte risalta infatti la carenza cronica delle infrastrutture di rete , per cui secondo i dati forniti dall’Osservatorio tecnologico del Miur solo il 10,5% delle scuole di primo grado avrebbe una connessione veloce, percentuale che arriva al 23,1% nel caso delle superiori, mentre in totale più del 53% delle aule sono completamente disconnesse. “Ci arrangiamo come possiamo”, spiega una professoressa. “Io per esempio mi porto dietro il mio dvd, per non perdere tempo a caricare i filmati da internet “. Secondo la testimonianza di uno studente, ad esempio, spesso i computer in dotazione alla classe non si accendono proprio: ” I prof impazziscono e molte volte ne facciamo direttamente a meno. Anche perché la lim a cui andrebbe collegato è in condivisione con altre classi, quindi se non si è abbastanza veloci a prenotarla non è proprio disponibile”. Agli occhi degli studenti le tecnologiche scolastiche di base sembrano archeologia industriale. A spiegare come stanno le cose è una preside: ” Viviamo di donazioni e abbiamo imparato a riciclare tutti i computer dismessi, che vanno avanti a forza di aggiornamenti. Quando c’è la volontà si fa tutto, con molta fatica a volte, ma la soddisfazione di vedere dei ragazzi attenti e coinvolti nella lezione è straordinaria”. Il privilegio di una buona connessione è un pre-requisito per accedere a uno qualsiasi dei fondi messi a disposizione dal Miur per il piano. Quest’anno in particolare fra le iniziative volte alla digitalizzazione delle scuole, sono stati previsti ben 15 milioni di euro per il potenziamento della rete internet preesistente, attraverso l’installazione di dispositivi wireless. Stanziamenti pensati solo per le superiori però, mentre elementari e medie, da sempre le più deboli dal punto di vista delle infrastrutture di rete, per il momento sono rimaste a guardare. Dal ministero sono i primi a rendersi conto dell’estrema criticità di intervento su un territorio così disconesso. “La scuola dovrebbe avere una corsia preferenziale su tutto – afferma ancora Maria Letizia Melina – ma quella della digitalizzazione è solo una piccola parte dei problemi che riguardano l’intero settore dell’istruzione e dell’amministrazione pubblica tutta”. Qualche idea per per uscire dalla crisi c’è. Non sempre il digitale nelle scuole rimane un miraggio e anche se i punti di partenza sono diametralmente opposti, quello che conta è il risultato. L’esperienza portata a termine quest’anno dalle scuole elementari e medie di Cinisello Balsamo, sotto la guida dell’Università Bicocca e in comune accordo con l’amministrazione locale, rappresenta una di queste. L’altra invece è Smart Future, il progetto pilota proposto dalla Samsung, che ha interessato 25 scuole in tutta Italia, seguito dell’Università Cattolica. Nel primo caso parliamo di una collaborazione tra Comune e Università, che insieme hanno dato vita a un progetto destinato alla realizzazione di un distretto tecnologico. A spiegare nel dettaglio come si può riuscire in un impresa che fin qui sembra impossibile è Davide Diamantino, professore dell’Università Bicocca: “Siamo stati attenti affinché tutte le scuole, 17 in tutto, avessero un sistema gestionale omogeneo. Questo si è tradotto anche in un risparmio di quasi 60mila euro l’anno per l’amministrazione”. La finalizzazione di tutti i fondi comunali disponibili per le scuole (in questo caso 120mila euro l’anno) al raggiungimento di un unico obiettivo ha fatto sì che venisse realizzato un piccolo capolavoro di funzionalità. “Avere agito sull’intera comunità scolastica ha fatto in modo che non esistessero più scuole di serie A e di serie B” , continua Diamantino. “L’affidamento di un tablet personale a ogni docente inoltre è stato fondamentale. Il computer di classe rischia di diventare un elettrodomestico a cui nessuno fa caso. Quando lo strumento è personale invece diventa un oggetto che fa parte della tua identità professionale e quindi sei spinto a usarlo al meglio”. Se la logica dei progetti territoriali offre una via di uscita, l’altra soluzione sembra essere l’apertura a sponsor privati. Quello proposto da Samsung rappresenta uno degli esperimenti più innovativi nell’universo scuola. Da una parte perché a essere coinvolte per una volta sono le scuole elementari, da sempre escluse dalle principali sponsorship, dall’altra perché le dotazioni riguardano l’intera classe. I punti fondamentali dell’offerta sono un tablet per ogni bambino e la formazione dei docenti impostata per ottimizzare il loro utilizzo. Il professor Pier Cesare Rivoltella dell’Università Cattolica è il referente del progetto. “Lavorare con i bambini delle primarie – spiega – è stato più facile. Loro si muovono a proprio agio su queste tecnologie perché a casa le usano già. Inoltre nella scuola primaria c’è una predisposizione alla didattica laboratoriale, fa parte del suo codice genetico. Più si sale di grado e più si sente il peso di tradizioni didattiche molto rigide, dove persiste il fantasma dei vecchi programmi ministeriali. A volte si fraintende il valore del mezzo, che non è sostitutivo ma integrativo della didattica tradizionale. Il digitale è qualcosa di più di un semplice metodo sperimentale. E’ il presente”. La scuola digitale incrementa il gap generazionale tra insegnanti e alunni. Perchè senza una adeguata formazione, i docenti sono i nuovi Peter Pan nell’era digitale, mentre gli studenti sono nativi digitali. Occorre una “rivoluzione metodologica: se gli insegnanti non saranno in grado di scendere dalla cattedra e di acquisire un metodo didattico parallelo e interdisciplinare” ha sottolineato il ministro Giannini, la digitalizzazione della scuola avrà “ un senso modesto, questa è la sfida più importante” . Gli strumenti per realizzarla “possono essere vari, partiremo con una campagna forte, che crei un’idea corretta di quello che stiamo facendo”. Tra le proposte, anche l’individuazione di un docente promoter all’interno degli istituti: “A scuola non ci sono distinzioni funzionali tra insegnanti, ma sulla parte digitale credo si possa individuare un docente promoter, una figura che possa essere, nel percorso, un punto riferimento della scuola”.
3 Luglio 2014 | Senza categoria
Scuola digitale, mai così lontana
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