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4 Maggio 2014 | Innovazione

Le app al servizio del recupero cognitivo

La cerebrolesione acquisita, dopo un trauma, riguarda oltre 216mila in Italia e 2milioni e 700mila persone in Europa, impedendo loro di riprendere un ruolo sociale, il lavoro, la scuola. Il cervello è però in grado di riabilitarsi. In gruppo, attraverso la collaborazione e la condivisione. Questa formula, proposta da ProgettAzione, società bergamasca che progetta interventi nel campo della prevenzione e della riabilitazione di persone con grave cerebrolesione acquisita. Il cervello è social, se si danneggia si riabilita in gruppo; una formula di successo, considerato che quasi il 75% dei pazienti e ritornato a una vita sociale, al lavoro, a scuola, in famiglia oppure in strutture del territorio.  La cooperativa sociale prosegue in questo percorso di aiuto alla riabilitazione e ha iniziato la fase di sperimentazione di alcune app che consentono di recuperare le capacità cognitive e relazionali più semplici, come fare il caffè, allacciarsi le scarpe per poter ritornare a vivere la loro quotidianità. Le applicazioni vogliono colmare il gap che esiste tra la tecnologia che supporta il recupero da handicap fisici e la tecnologia che supporta il recupero da traumi cognitivi. Nasce così AllenApp, un progetto ambizioso basato su programmi informatici in formato app studiati e selezionati per la stimolazione e il supporto all’utilizzo delle funzioni cognitive e delle capacità relazionali. Le app si adattano al livello di autonomia raggiunto di volta in volta da chi la utilizza, consentendone l’uso in qualunque momento della giornata e anche fuori dalle mura domestiche, per eseguire correttamente tutte le basilari attività che è necessario portare avanti nel corso di una giornata. Le applicazioni aumentano in maniera decisiva la coscienza del soggetto rispetto a uno scopo da raggiungere, migliorando l’organizzazione di concetti, spazi, tempi e impegni. Abbiamo quindi intervistato il dottor Alvaro Bozzolo, presidente di ProgettAzione, per analizzare con lui l’ampio ventaglio di servizi per riprogettare la vita dopo una lesione al cervello, anche grazie alla tecnologia. Come sono state sviluppate e tecnicamente come sono strutturate queste applicazioni? Che tipologia di disagio cognitivo tendono a migliorare? Le applicazioni AllenApp sono state sviluppate da un team di esperti, e sono strutturate come una sorta di tutorial che guida, anche graficamente, il paziente nella conduzione di semplici azioni necessarie per condurre una vita autonoma, normali attività quotidiane. Mi riferisco a preparare un caffè, piuttosto che prendere un autobus per raggiungere un determinato luogo. L’app mostra al paziente cosa fare, e in successione i passaggi da seguire. Le disabilità cognitive che tendono a migliorare riguardano difficoltà pratiche che interessano memoria, percezione, comprensione dei concetti e risoluzione di problemi, e inoltre, difficoltà relazionali e di interazioni sociali. Perchè utilizzare un’app e non altri strumenti, anche non tecnologici, per migliore e curare le abilità cognitive? Il progetto è partito proprio da questa considerazione: perché non utilizzare i progressi tecnologici per migliorare la riabilitazione cognitiva, come è accaduto per la riabilitazione da handicap di natura fisica? Fino ad oggi la cura degli handicap cognitivi si è limitata all’assistenza personale, in rapporto 1 a 1, un riabilitatore e un paziente. Questa modalità è molto più costosa di quella che proponiamo noi. Il formato delle applicazioni è stato scelto per la semplicità con cui si possono usare. I tablet su cui sono caricate sono comodi da portare con sé, e soprattutto consentono di proseguire con la riabilitazione in qualunque momento della giornata e ovunque.   Che tipo di riscontro e di follow-up avete avuto dai paziente sui quali è iniziato il training? Il progetto va avanti ormai da un anno, e il riscontro è assolutamente positivo. I pazienti sono felici dei miglioramenti che vedono nella loro riabilitazione, e anche le famiglie sono entusiaste, anche perché una riabilitazione supportata tecnologicamente, come quella che proponiamo noi, sgrava i parenti da impegni anche economici. Reiterare le informazioni e allenare le funzioni cognitive a compiere procedure, anche semplici, è uno dei metodi classici della riabilitazione. Quindi aumentando il training i risultati sono evidenti e soprattutto fanno intravedere scenari nuovi e tutti da esplorare. Va poi evidenziato un aspetto apparentemente secondario ma si rivela sempre di grande sostanza: la famiglia che si trova ad affrontare una disabilità cognitiva teme sempre di nono essere in grado di supportare il famigliare per arrivare a una qualità della vita accettabile. La disabilità porta moltissimi sensi di colpa: per la modalità di come è avvenuta, per la paura di non fare abbastanza, di non avere scelto i medici giusti. Avere una riabilitazione a portata di mano costituisce anche buon antidoto all’ansia. Sono app utilizzabili su tutte le piattaforme e su tutti i device? Il tema del supporto utilizzato e utilizzabile per aiutare i disabili cognitivi nella vita quotidiana è in divenire al pari e forse più delle applicazioni. Per ora abbiamo verificato che le app riabilitative sono molto funzionali alla tecnologia dei tablet su tutte le piattaforme. Lo sviluppo dei device si annuncia veloce e costante nei prossimi anni.  Il supporto alla disabilità cognitiva può, e deve, trovare forme nuove di applicazione e sviluppo. Soprattutto quando è legato alla portabilità. I Google Glass, ad esempio, potrebbero aprire importanti nuovi scenari, non solo nell’allenamento cognitivo, ma anche nel supporto pratico. Occorre ricordare che le tecniche oggi utilizzate per migliorare le autonomie di un disabile cognitivo si limitano per lo più al sostegno da parte di un educatore/docente, che spieghi passo dopo passo le azioni e ne verifichi la corretta esecuzione. Non basterebbe forse un navigatore integrato negli occhiali per assistere il disabile nel percorso per raggiungere la scuola? 

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